I valdesi, cristiani appartenenti alla famiglia delle chiese protestanti, prendono il nome da Valdo, un ricco mercante di Lione che intorno al 1174 rinunciò ai propri beni e si mise a predicare l’Evangelo scegliendo di obbedire solo alla Bibbia.
Dalla sua predicazione si diffuse in tutta Europa un movimento che fu poi l’unico movimento medievale a sopravvivere fino al XVI secolo. Nel 1532 i valdesi aderirono alla Riforma Protestante e si organizzarono nel tempo come chiesa riformata.
Sopravvissuti alle persecuzioni religiose del Cinquecento e del Seicento. Nel 1685 la revoca dell’Editto di Nantes nega ai riformati il diritto di esistere in Francia. I Savoia, alleati del Re Sole, costringono i valdesi a scegliere tra abiura, morte o esilio: molti finiranno nelle prigioni piemontesi, altri sceglieranno l’esilio. Ma già tre anni dopo, grazie a congiunture internazionali, circa 900 uomini riusciranno a tornare nelle loro terre. L’episodio è conosciuto come il Glorioso Rimpatrio. Nel Settecento i valdesi furono segregati in alcune valli del Piemonte occidentale (quelle del Pellice, della Germanasca e del Chisone), in quello che fu definito il “ghetto alpino”, e riuscirono comunque a resistere grazie anche al sostegno dei paesi protestanti europei. Solo nel 1848 ottennero i diritti civili e politici dal re Carlo Alberto di Savoia.
Negli anni che seguirono la Chiesa Evangelica Valdese, oggi Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, si diffuse su tutto il territorio italiano e in Sud America.